Per un'accoglienza diffusa
- Estefano Tamburrini
- 25 set 2022
- Tempo di lettura: 2 min
Domenica scorsa, 18 settembre, Chiesa, Istituzioni e Società civile si sono incontrate per parlare di accoglienza: sfida che riguarda la comunità tutta, chiamata a costruire una grammatica dell’umano e della prossimità.
L’incontro è stato ospitato presso la Parrocchia San Pio X, in presenza di oltre ottanta persone direttamente coinvolte in esperienze di accoglienza differenti, tra cui le accoglienze diffuse e solidali a beneficio delle famiglie ucraine presenti nel nostro territorio, così come altre forme ospitalità sperimentate negli ultimi anni.
Alcune di loro sono state portavoce di riflessioni e interrogativi che hanno animato il dialogo tra l’Arcivescovo Erio Castellucci, la Prefetta Alessandra Camporota, la Viceprefetta Giulia Di Fiore, l’Assessora alle Politiche Sociali Roberta Pinelli e il Vicedirettore di Caritas diocesana Federico Valenzano.
L’occasione è stata preziosa per intrecciare una polifonia di voci che raccontano l’incontro con l’altro come “processo che arricchisce tutti, che fa venire a meno le asimmetrie ed aiuta a rovesciare le prospettive”, come dichiarato dall’Arcivescovo Erio Castellucci, il quale ha invitato i presenti a “lavorare dalla prospettiva di chi guarda negli occhi ed entra in contatto con la realtà, evitando di muoversi secondo categorie che fanno a meno della complessità umana”. Una prospettiva che “ci aiuta a parlare di sicurezza come sinonimo di armonia e di pace sociale, anziché di repressione” ha dichiarato dalla Prefetta Alessandra Camporota, sottolineando che “accoglienza vuol dire accompagnare le persone nel loro percorso di inclusione e partecipazione nella vita della comunità”. Quest’ultima intesa come “realtà capace di restituire dignità accolta, motivo per il quale è necessario accogliere in rete: mai da soli”, come dichiarato dall’Assessora Roberta Pinelli nel suo intervento.
Una riflessione in continuità con l’obiettivo di Caritas diocesana, “che ha cercato di allestire le condizioni per essere organizzazione ponte tra gli artigiani di pace (famiglie ospitanti e comunità del territorio) e architettura di pace, con riferimento alle istituzioni locali. Una funzione di cerniera che ci ha aiutato a rafforzare il paradigma della partecipazione e della responsabilità” spiega Federico Valenzano, parafrasando il n. 231 della Fratelli tutti.
Questa pace non si limita all’assenza di guerra, ma richiede un “impegno instancabile di riconoscere, garantire e ricostruire concretamente la dignità, spesso dimenticata dei nostri fratelli”, come sottolinea la stessa enciclica, citando un discorso pronunciato dal Pontefice il 5 settembre 2019 a Maputo, capitale del Mozambico.
Un discorso che vale sia per la comunità globale, sia per la nostra realtà locale; e che risuona con ulteriore forza oggi, a sette mesi e qualche ora dall’inizio della in Ucraina: ennesima “inutile strage” compiuta dall’uomo contro il suo prossimo e dalla quale non siamo molto distanti, viste le ripercussioni economiche e sociali di questo tragico evento sulle nostre comunità.
Con l’incontro di domenica scorsa si è conclusa la rassegna “Accoglienza: contratto o dono?” iniziata giovedì 8 settembre con l’inaugurazione della mostra “Anatomia di un’accoglienza”, di Max Hirzel e Marida Augusto, ospitata sempre nella Parrocchia San Pio X.
La mostra è rimasta aperta al pubblico dall’8 al 18 settembre, dalle 8 alle 19, risvegliando l’interesse di una Comunità parrocchiale che, da alcuni mesi, accoglie una mamma e una figlia provenienti dall’Ucraina.
L’iniziativa è stata possibile grazie all’ospitalità di don Ivo Seghedoni, oltre alla collaborazione intercorsa tra Caritas diocesana, Centro Stranieri, Centro per le famiglie, Prefettura di Modena e HumanLines.
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