"La Chiesa è madre, la Chiesa è donna" ha dichiarato papa Francesco lo scorso 25 novembre, in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, sottolineando come l'umanità sia "ricominciata dalla donna": ogni oltraggio a quest'ultima, alla sua dignità, comporta un oltraggio contro Dio stesso. Centralità che vuole essere restituita da un pensiero alternativo, nato per "urlare che non c'è una gerarchia del valore umano", per identificare e interrogare le radici che causano la guerra a livello mondiale, ma anche lo sfruttamento, le disuguaglianze e forme più o meno sofisticate di emarginazione a livello locale, come scrive Suor Cristina Simonelli citando la saggista statunitense Starhawk. Interrogativi da porci in un tempo che vede ancora le donne in secondo piano - "anche in Europa" e "nella colta Roma" - come affermato sempre da papa Francesco durante un'intervista rilasciata nel 2021 ai microfoni Televisa. Disuguaglianze presenti anche nel nostro territorio: è il caso del Quartiere Crocetta, dove gli operatori del progetto "Fiducia nella città" sono entrati a contatto con oltre cinquanta nuclei monogenitoriali - famiglie composte da una madre e più figli, con la finalità di rilevare le loro esigenze a partire da una prima conoscenza dell'altro.
È a partire da questa prima conoscenza che nasce, su iniziativa di alcune operatrici e volontarie di Caritas diocesana, un gruppo di circa venti donne riunite con l'obiettivo di raccontare sé stesse e riscoprire la propria città, renderla più aperta e inclusiva. Gruppo ospitato dal Laboratorio Crocetta: sede di incontri conviviali e momenti di confronto aperti ad altri soggetti della città, come la Fondazione Emilia-Romagna Teatro (ERT), la Fondazione Arti Visive di Modena, i Musei civici ed altre realtà significative nel territorio.
Con questi ultimi è stato possibile organizzare itinerari di scambio culturale volti ad arricchire la nostra comunità. Questi itinerari sono stati accessibili alle partecipanti provenienti da realtà geografiche e culturali differenti grazie alla partecipazione di due mediatrici culturali: queste ultime hanno saputo costruire un ponte fra culture differenti.
Grazie a questi momenti di confronto con la comunità, le partecipanti del gruppo sono migliorate nell’uso dell’italiano.
Un altro esito importante è la capacità di autogestione di un gruppo che in questi mesi di percorso ha saputo fare sua questa città.
Un percorso che può essere replicato nel tempo, da cittadini desiderosi di allestire contesti inclusivi, di partecipazione; di costruire luoghi di incontro che possano rafforzare i legami che ci rendono comunità.
Contesti e luoghi che facilitino l’effettiva partecipazione di ogni persona alla vita culturale della comunità, come disposto dall’articolo 27 della Dichiarazione universale dei diritti umani.
Partecipazione possibile laddove si adotta uno sguardo inclusivo, come quello di Maria: “sguardo di una Chiesa che unisce, non separa, afferrando così la prospettiva di Dio”.
Una Chiesa che, sempre ricordando le parole del Santo Padre, è madre e donna. Lo è anche la nostra Casa comune, oggi lacerata da un “antropocentrismo dispotico” (LS. 68); che ci esorta a modificare modelli di vita, produzione e consumo orientati da un’economia che uccide, esclude e annulla i più vulnerabili.
Comentarios